La psicoanalisi nell’Era del Cyberspazio. Intervista a Glen O. Gabbard

Domanda. Dr. Gabbard, dopo anni è tornato a Roma per presentare una relazione dal titolo: “La riservatezza, il Sé, e la pratica della psicoanalisi nell’era di Internet”(1). Una nuova frontiera su cui è necessario stare e riflettere, se la psicoanalisi vuole tenersi in contatto con le nuove patologie della contemporaneità.

Da quanto tempo ha iniziato ad occuparsene? Cosa l’ha spinta a farlo?

Glen O. Gabbard. Non ho potuto evitarlo. Il mondo è cambiato. La pratica analitica e la terapia, sono cambiate. I pazienti si aspettano di contattare via e-mail o sms, il proprio analista o terapeuta. Pazienti che ho in carico, sono stati soliti richiedere un cambio di appuntamento via sms. Prima dell’incontro iniziale, sono stati a ricercarmi su Google per poterne sapere di più di me. Quando sono arrivati erano a conoscenza di ogni cosa riguardasse la mia vita, chi fossero i miei genitori, quali fossero i miei libri. Pazienti mi inoltravano i propri sogni via mail. Iniziarono ad arrivare da me, colleghi con casi che presentavano le sfide poste dalla comunicazione via Internet. La rivoluzione del cyberspazio dettava nuove condizioni per ristabilire i confini professionali, e i miei studenti mi domandavano cosa fare.

Domanda. Lo schermo media la comunicazione con l’altro. Computers e I-phones rendono immediata la trasmissione di informazioni, e la diffusione dei social networks impedisce di perdere contatto con l’altro. Lo stato di essere “on line” e “off line” testimonia di un collegamento/scollegamento dalla realtà che rende possibile essere presenti “al bisogno”. Quali sono gli effetti sull’identità, e quali le conseguenze sulle relazioni?

Potremmo dire che la logica del discorso capitalista sta operando una ristrutturazione della soggettività umana?

Glen O. Gabbard. Il sé si è tramutato in un cyber-sé. In questo momento ci troviamo alle prese con la perdita del saper agire l’interazione umana come trattato da Sherry Turkle nel suo libro Alone Together (2011). E’ la comunicazione elettronica ora, a dare forma alla nostra identità. Vengono attese da noi risposte immediate che non godono del vantaggio di essere filtrate attraverso il processo di pensiero e riflessione. Siamo enormemente condizionati dal come vogliamo che gli altri ci vedano piuttosto che dal modo in cui ci sentiamo veramente. Con l’avvento di Facebook e di altri social media abbiamo istruttori che dai social networks ora, ci ripetono di “essere autentici”. Tuttavia questo consiglio ci induce più a trovare il modo in cui poter apparire autentici che quello di esserlo per davvero. Plasmiamo la nostra immagine in base a ciò che pensiamo gli altri valuteranno come autentico. Il risultato finale dell’essere guidati da dispositivi elettronici, è una relazione oggettuale in cui ci aspettiamo dagli altri che ci diano risposte immediate e soddisfino i nostri bisogni narcisistici. Le relazioni diventano più superficiali. Non mi direi tuttavia d’accordo rispetto al fatto che la logica del discorso capitalistico stia ristrutturando la soggettività umana. E’ molto più complicato di così.

Domanda. Soffrire del sintomo è ciò che paradossalmente sottrae il soggetto dalla sua riduzione ad “oggetto di consumo” permettendo l’emergere della domanda di aiuto. L’attuale avvento degli approcci psicoterapeutici che misconoscono le dinamiche inconsce, soddisfa la spinta a “normalizzare” promossa dall’era della tecnica attraverso i due paradigmi dell’estinzione e dell’adattamento.

In che modo è possibile difendere e preservare la psicoanalisi, oggi?

Glen O. Gabbard. La chiave per difendere e preservare la psicoanalisi è nel chiarire in modo ripetuto, il suo non essere in gara con gli approcci brevi. Noi non siamo per la rimozione del sintomo. La psicoanalisi ha a che fare con una ricerca della verità sul sé. Riguarda il disvelare le maschere dell’autoinganno. In un’era dominata dalla comunicazione immediata e dal tramonto del pensiero e della riflessione, la psicoanalisi assolve un ruolo importante- offre la possibilità di un più profondo senso di autenticità che si fonda sulla conoscenza del conflitto inconscio e su un dialogo intimo con una persona formata a comprendere il modo in cui la mente lavora.

Domanda. Transfert e controtransfert devono essere maneggiati per affrontare la pervasività di una realtà virtuale che inizia anche a permeare il setting analitico. Può dirne qualcosa?

In conclusione di questa intervista, a quali autori ha fatto riferimento nel corso della sua formazione e nella quotidiana pratica della psicoanalisi, in merito all’importanza di sostenere e promuovere in questa professione, la necessità di assumere la responsabilità di un comportamento etico?

Glen O. Gabbard. Il diffuso utilizzo di e-mail provoca uno sdoppiamento del transfert. Ciò che non può essere espresso in seduta, può esserlo nelle e-mail che hanno luogo tra le sedute. Il controtransfert varia ampiamente ma in questo momento, ad angosciare tutti noi è l’intrusione della nostra privacy. Ci preoccupiamo che i pazienti possano scoprire dove viviamo, quanto abbiamo pagato la nostra casa, le foto su Facebook, i nostri figli, i nostri genitori, e gli eventi della nostra vita di cui ci vergogniamo. Possiamo sentirci violati dalla scomparsa dell’anonimato analitico. Penso al mio amico e mentore Thomas Ogden, è l’analista che ha avuto sin dagli inizi della mia formazione analitica, un’influenza determinante che ancora oggi ha, sul mio ruolo di analista esperto.

Nota

(1) La conferenza è stata organizzata e promossa dall’ A.P.A- Associazione Psicoanalitica Abruzzese-, e dal Centro D. Winnicott. Ha avuto luogo lo scorso 17 Novembre 2012, presso il Dipartimento di Pediatria e Neuropsichiatria infantile della Sapienza, Università di Roma.

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Bibliografia

Gabbard G.O., Lester E. P. (1995). Violazioni del setting. Milano: Cortina, 1999.

Gabbard, G. O. (2000). Amore e odio nel setting analitico. Roma: Astrolabio, 2003.

Gabbard G.O., Peltz M. (2001). Speaking the unspeakable: Institutional reactions to boundary violations by training analysts. J. Amer. Psychoanal. Assn., 49, 659-673.

Gabbard, G. O. (2005). Introduzione alla psicoterapia psicodinamica. Milano: Raffaello Cortina, 2011.

Ogden, T. (1977). L’identificazione proiettiva e la tecnica psicoterapeutica. Roma: Astrolabio, 1994.

Turkle, S. (2011). Alone Together. New York: Basic books.