EscherIstituzioni

Guida alla lettura

Cosa vuol dire pensare le istituzioni? Ma soprattutto, quali sono le funzioni della pensabilità nel rapporto con l’istituzione? L’obiettivo di questo numero monografico è approfondire la riflessione su questi due interrogativi.
L’idea di fondo è che il funzionamento concreto delle istituzioni sia un fenomeno complesso perché si radica nell’umano: nei limiti che le persone hanno quando pensano, nelle emozioni che provano quando lavorano, nei bisogni che soddisfano quando immaginano.
L’istituzione è un insieme di regole, un luogo fisico, un generatore di simboli, ma soprattutto un punto di incontro: tra persone in carne ed ossa e tra le rappresentazioni mentali che queste persone vicendevolmente costruiscono. Al suo interno si mescolano desideri, sentimenti, stati d’animo che sono al tempo stesso individuali e condivisi. L’istituzione è dunque una struttura complessa e multi-dimensionale in cui il pensiero individuale e la logica del collettivo entrano in contatto, con le proprie caratteristiche e criticità.
L’esito di questo incontro non è predeterminato, né scontato. Nei vari contributi ci interroghiamo su come esso possa evolvere in una direzione creativa, offrendo contenimento agli aspetti parassitari e persecutori e valorizzando l’integrazione delle prospettive che si mescolano e talvolta si scontrano.
L’analisi inizia dall’idea che le istituzioni abitino la dimensione del “tra”.
Sono tra gli individui, nel regno complesso del transpersonale. Sono un punto di incontro tra il pensiero dell’individuo e quello del gruppo. Sono esterne, ma anche interne. Non c’è dubbio che sempre ci tolgano qualcosa, ma appare anche chiaro che, nel contempo, esse definiscano e valorizzino opportunità espressive che altrimenti  non avremmo.
Come studiare dunque il rapporto con l’istituzione, da quale vertice? E’ la domanda che ha tenuto insieme gli autori di questo numero. I contributi nascono da prospettive eterogenee e rispecchiano il personale modo di vedere di ciascun autore: essi tuttavia ruotano tutti intorno allo stesso nucleo di parole chiave: pensabilità, gruppo, creatività, autorità, cura, trasformazione.

In apertura viene proposto un breve testo che individua nella pensabilità lo sfondo integratore di questo numero monotematico e ne ipotizza alcune possibili funzioni. Tale contributo è stato pensato con l’idea di rendere più agevole il dialogo tra i testi successivi: nella mia mente esso ha preso la forma di un appendiabiti che può essere usato per agganciare i contributi via via proposti nell’ambito di un discorso che si apre e si snoda, ma mantiene al contempo un punto fisso, costituito appunto dal suo sfondo integratore.
Nel lavoro successivo, riprendendo il pensiero di Kaës,  Anna Ferruta ci introduce al tema dell’istituzione necessaria e ci offre la sua personale interpretazione delle funzioni di supporto che l’istituzione svolge per il soggetto, sottolineando l’importanza che tali funzioni vengano riconosciute e protette, in qualche modo curate, attraverso la ricerca di un equilibrio tra l’esigenza di struttura che attraversa il sociale e il bisogno di cambiamento che lo mantiene vivo.
Da una prospettiva simile, Roberta Patalano mette a fuoco quegli aspetti che mantengono creativa la relazione tra individuo e istituzione. Viene suggerita l’idea che nel legame con l’istituzione si ripresenti il dialogo tra tradizione e cambiamento, passato e futuro, individuale e collettivo, e che proprio in queste conversazioni con l’Altro e la sua Storia l’individuo, come il neonato descritto da Winnicott, abbia bisogno di creare da capo dentro di Sé un bilanciamento, una modalità di partecipazione da cui si senta rappresentato.
Mario Perini ci introduce della consulenza organizzativa con approccio psicoanalitico attraverso l’esplorazione del suo oggetto: l’organizzazione che si vede ma anche quella che non si vede perché nascosta nell’inconscio di chi la compone. La riflessione mette a fuoco la polisemia del concetto di organizzazione attraverso un’analisi critica degli approcci che la letteratura ha elaborato per definirne confini e funzioni. Nella sintesi proposta dall’autore l’organizzazione mantiene la sua doppia veste di artefatto sociale e oggetto vivo nella mente dell’individuo.
Giovanni Foresti si immerge in questa prospettiva binoculare sottolineando il ruolo strutturante dell’autorità, a livello sociale, ma anche intimo e personale. Attraverso un percorso articolato, egli ricostruisce gli approcci all’autorità sviluppati dalla letteratura psicoanalitica e riflette sulle condizioni che trasformano l’autorità in autorevolezza, o su quelle che viceversa la svuotano del suo potenziale creativo e la delegittimano. E’ la reciprocità tra i due poli nella relazione di autorità che fa la differenza: è necessario che entrambi questi poli rimangano infatti attivi e partecipi, in una condizione di “asimmetrica reciprocità”, affinché l’autorità venga percepita come risorsa costruttiva.
Claudio Neri ci spiega come l’istituzione offra all’individuo uno specchio per i propri bisogni ma anche le proprie responsabilità: la capacità di rispecchiare ha un impatto che si riverbera non solo sull’identità professionale, ma anche su aspetti profondi ed intimi del Sé, al punto che un’istituzione incapace di vedere l’altro diventa persecutoria, minacciosa, comunque deludente. Nell’alveo di questo rischio acquisisce molta importanza la relazione triangolare tra individuo-piccolo gruppo- istituzione, nella quale ciascun vertice svolge per gli altri due funzioni di supporto e di stimolo al cambiamento. Il piccolo gruppo si presta in particolare a sostenere l’istituzione facendosi carico di alcune sue mancanze ed in qualche modo rianimandola nei momenti di crisi.
Alfredo Lombardozzi approfondisce questa prospettiva attraverso un passaggio ulteriore che dal piccolo gruppo ci conduce al gruppo sociale allargato. Egli suggerisce la necessità di una visione poli-oculare che prenda in considerazione gli aspetti antropologici, sociologici ma finanche biologici del legame con l’istituzione al fine di comprenderne ed apprezzarne la complessità. E’ in particolare attraverso una feconda relazione con l’antropologia che il discorso psicoanalitico può aprirsi alla sua dimensione sociale, mettendo a fuoco gli aspetti creativi ma anche le tendenze distruttive che l’istituzione incorpora.
Angela Ambrosino ci offre una ricostruzione del percorso che ha portato gli economisti a modificare nel tempo la propria visione delle istituzioni: si tratta di un percorso alimentato soprattutto da scambi interdisciplinari  in cui finisce via via sullo sfondo la prospettiva economica più ortodossa, quanto mai chiusa verso la dimensione umana dell’istituzione, a favore di un approccio eclettico che riporta in primo piano l’individuo, con le sue caratteristiche, i suoi limiti e la sua complessa relazione con il contesto storico-sociale di riferimento.
Nelle pagine conclusive, Luciana Zecca propone una riflessione accurata e sentita sul volume “Fare gruppo nelle istituzioni. Lavoro e psicoterapia di gruppo nei contesti istituzionali”, a cura di C. Neri, R. Patalano e P. Salemme, pubblicato da Franco Angeli nel 2014.