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Dall’organizzazione-nella-mente all’organizzazione come soggetto: mappe concettuali per la consulenza psicoanalitica nelle istituzioni

Abstract

La consulenza organizzativa utilizza ormai da diversi decenni metodi e approcci di derivazione psicoanalitica, soprattutto quando i problemi in gioco sembrano implicare rilevanti aspetti emotivi e relazionali di cui la leadership, le figure-chiave e spesso gli stessi soggetti coinvolti appaiono per lo più inconsapevoli o visibilmente non vogliono sapere nulla.
Una considerevole letteratura è ormai disponibile per permettere a chi sia interessato a questo argomento di approfondirlo nei suoi vari risvolti e nelle sue molteplici applicazioni. Scopo di questo articolo è piuttosto il tentativo di precisare meglio l'”oggetto” di tali pratiche professionali, fornendo qualche mappa concettuale e degli strumenti di orientamento che possano aiutare i consulenti (ma anche i manager) provenienti da un retroterra analitico o psicoterapeutico a non smarrirsi in un “mare magnum” di teorie e di tecniche dove, accanto a discutibili improvvisazioni e a metodologie passepartout, sono presenti alcuni rischi specifici. Non mi riferisco tanto alle varie forme possibili di seduzione narcisistica o di vocazione onnipotente che possono trascinare un consulente nel disastro o nella collusione perversa col cliente, ma semmai al pericolo di perdere di vista l’oggetto del proprio lavoro, semplificando la sua natura complessa, occupandosi più delle persone che dei processi (o viceversa), reificando l’organizzazione oppure antropomorfizzandola, perdendo la capacità di distinguere tra fantasie e realtà concrete; tutto ciò in un setting che il consulente non può governare come farebbe con una psicoterapia e in un contesto reso turbolento dagli interessi in gioco e dalla qualità primitiva (per non dire “psicotica”) delle ansie circolanti.
Prima di addentrarmi in un simile percorso concettuale vorrei però presentare un breve resoconto tratto da una mia esperienza come consulente, che mi pare esemplifichi il modo in cui la comprensione di queste ansie e turbolenze sistemiche ci può aiutare a riconoscere quegli aspetti dell’”organizzazione nascosta” (Perini, 2007) che generano sofferenza e malfunzionamento.

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