PolifoniaCorpo

Il vertice spazio nel lavoro psicoanalitico, di Stefania Marinelli

Intervista con l’autrice del libro
a cura di Maurizio Salis

Domanda. Il nostro modo abituale di costruire e vivere i legami umani è stato travolto. Che conseguenze possiamo attenderci dalla situazione attuale sul piano della salute mentale e sul piano sociale?

Risposta. Intanto grazie di rivolgermi queste domande, che sembrano raccogliere sensazioni ricordi pensieri e sogni che si presentano per noi in questo periodo inaspettatamente e che fluiscono all’interno di noi forse una volta tanto con meno regole e controllo. Distinguerei due piani almeno, uno più immediato e uno soggiacente e inconscio. Credo che entrambi contengano sia l’esperienza della perdita e della privazione; ma anche quella della speranza di costruire modi e modelli di fare esperienza nuovi. Il primo piano più relazionale ci sta costringendo a prendere in considerazione anche l’uscita dal seriale, nel quale ci sentiamo eventualmente oppressi, e a distinguerci dal gruppo/massa che in questo momento ha un nemico comune, il virus e ci stimola a individuare silenziosamente di più persone, cose, esperienze. Sotto casa, con il cane, vedo persone e cani del quartiere che non avevo mai veramente visto e guardato. Credo che valga anche per oggetti più interni, accantonati durante la corsa accelerata di prima. Sul piano più profondo invece dovremo attendere per sapere cosa ferisce l’inconscio, cosa non lo cambia di tutto ciò, ciò che è immutabile. La prima impressione è quella di essere entrati in una stanza della scena primaria di gruppo nuova. E’ uscita da pochi giorni su questo tema una bella edizione della rivista del Dip.Psi.Din.Cl., Funzione Gamma (ww.funzionegamma.it), a cura di Goriano Rugi, su queste tematiche, antiche e moderne.

Domanda. Funzione Gamma ci rilancia sempre contributi importanti, per il nostro pensare, per le nostre ricerche e le nostre pratiche. Per approfondire questi discorsi, una successiva domanda potrebbe essere proprio sulla relazione, che in questo momento si è modificata. Cosa cambia fra relazione online e relazione in presenza fisica? Cosa dobbiamo tener presente per orientarci nello spazio digitale dei gruppi di oggi?

Risposta. Questa è un po’ l’idea che mi sono fatta. Ogni analista in questo momento sta facendo l’esperienza a suo modo. Il setting è intoccabile, quello materiale; e quello interno, altrettanto intoccabile, che evolve. Se sentiamo che il setting è intoccabile e se siamo in grado di controllare la sua permanenza interna, possiamo portarlo altrove, in rete nel nostro caso, forse per un periodo limitato di tempo, anche annotando le differenze per la ricerca, come a suo tempo faceva Gabbard con la paziente che usava la mail, erano le prime esperienze della tecnologia con cui si misurava la psicoanalisi forse. Avremo questa possibilità se il setting contiene il lavoro sul legame e se rappresenta oggetti sufficientemente significativi e da individuare. Oggi, con sorpresa credo, facciamo perfino esperienze nuove con Skype, senza corpo, come dicevi tu. Probabilmente nei vertici del setting si è al momento inserito un terzo, o quarto vertice (il terzo come scriveva Chianese è il vertice teorico dell’analista) che opera nel setting/telefono/Skype con video o senza video, nella rete, un vertice dato dall’idea di uno spazio/tempo diverso dal tempo lineare e dallo spazio geometrico euclideo, che ha proprie caratteristiche impreviste: qualità dello spazio/tempo mettiamo, illimitate, anonime, anomiche ecc. O per contro: qualità e dimensioni controllanti e normative che ha la rete. Si può stare durante una conversazione in rete in relazione fantasmatica con una rete normativa e controllante oppure con una rete infinitamente libera. Fino ad ora non ho ancora da qualcosa da dire sul setting di gruppo on line, ci vorrà tempo secondo me per ordinare e pensare questa esperienza. Intanto grazie per l’esperienza e il lavoro che tu stai facendo in gruppo e quella che faremo insieme.

Domanda. È un’esperienza che stiamo facendo veramente tutti quanti. Hai inserito il gruppo, i gruppi quindi. Solitamente la sensibilità dei clinici porta la loro attenzione in particolare ai cambiamenti nei gruppi psicoterapeutici., ma non ci sono solo quelli, ci sono anche i gruppi di lavoro. Che cosa staaccadendo nei gruppi di lavoro?

Risposta. Io penso, è un mio modo di sottolineare, che anche la distanza e il silenzio temporanei possono essere “cure” attive dei legami e incubare un cambiamento. Questo è importante, ci sono anche nelle analisi individuali dei periodi di appiattamento, di mancanza di sogni, di mancanza di produttività, di produzione inconscia, e invece, a un piano soggiacente, qualcosa si sta muovendo, un processo sta progredendo. Anche in questo caso vanno distinti diversi piani, quindi è probabile che distanza e silenzio che in questo momento si sono fatti sentire nel nostro campo oltre che nella nostra vita sociale stiano invece facendo un loro processo attivo sui legami che ci uniscono silenziosamente. Credo che possa aumentare nel gruppo, a fronte del male-virus, l’idea di “essere tutti nella stessa barca”, come scrive Mellier (La vita psichica delle équipes, edizione italiana in c.so di stampa, Borla) parlando dello staff medico e delle famiglie del paziente in sala rianimazione. E credo che possa aumentare l’idea dell’iniziativa individuale, sapendo di avere un gruppo silenzioso che nelle retrovie continua a curarsi di. Penso che lo stesso possa avvenire per gli allievi della Coirag, l’idea di un gruppo di appartenenza che continua a pensare e a curarsi di, del legame. La cosa importante che i gruppi, di lavoro e di terapia, sentano che il loro setting tiene, e la difesa che attualmente è indispensabile è momentanea, poi potremo forse affidarci di nuovo, e meglio, come prima o in un modo nuovo. Cambiamento sì, ma anche stabilità in questo momento e continuazione. Spero di aver risposto alla tua domanda.

Domanda. Stavo pensando, il tema “dell’essere tutti nella stessa barca” che citavi, pensavo che mai come in questo momento terapeuti e pazienti vivono da un certo vertice la stessa situazione. Mi colpisce molto che ora diversamente da prima molti pazienti si preoccupano esplicitamente di come posso stare, e iniziano le sedute via Skype o Zoom chiedendo “Come sta? Come va?”. Con una preoccupazione particolare verso il come sta il terapeuta. Ti ho chiesto dei gruppi terapeutici, ti ho chiesto dei gruppi di lavoro, allargandoci ancora, nella Polis? Una domanda importante che dobbiamo ora porci e che cercheremo di sviluppare maggiormente nel seminario penso possa essere  questa: come collocare il senso dell’esperienza attuale come ciò che investe globalmente il gruppo comunità, e renderla comunque nuova possibilità di elaborazioni e trasformazioni?

Risposta. Grazie per questa domanda, la più interessante. La polis. L’Agorà. La koinonìa. La Comunanza. La società dei porti di cui ci parla nel libro Liberi legami Silvia Corbella. Silvia ci ha parlato in tempi profetici, con molta fiducia, dello scambio, della società dei porti oggi; a proposito di Polis, con il virus abbiamo la polis Sparta, la selezione dei forti e la perdita dei deboli, la sparizione dei deboli, che l’ascolto penetrante dei notiziari nelle loro mille forme rimandano silenziosamente. Il lutto; la sopravvivenza; le macerie. Ma anche il riordino che evolve mediante l’oscillazione fra estremi, abbiamo tutte e due queste dimensioni, che stiamo anche imparando a contenere nel nostro pensiero. Comelli scrive nel libro Cuore segreto, in questo periodo, sullo svelamento di emozioni segrete che possono ridare vita, se i grandi contenitori sociali sono alimentati e curati, per muovere il motore del grande gruppo globale. Lui ha molta fiducia che la psicoanalisi di gruppo possa pervenire a muovere motori più globali, più totali. In fondo, la differenza fra la tradizione della Gruppoanalisi e la Psicoanalisi di gruppo, fra Foulkes e Bion che lavorarono insieme nell’ospedale di Northfield con i gruppi di soldati tornati dal fronte con trauma di guerra, era una differenza che i tempi moderni ancora rilevano: la differenza fra i fattori che operano nel grande gruppo, come la matrice e la rete di Foulkes, e i fattori che operano nel piccolo gruppo (il gruppo in Assunto di Base e il gruppo di lavoro; il sistema proto-mentale fra psichico e somatico, che non dobbiamo dimenticare sta alla base del conflitto del gruppo ; la cultura e la mentalità del gruppo, una cultura di scambio e una mentalità che raccoglie le resistenze profonde del sistema protomentale), che poi Bion portò verso l’analisi della mente psicotica e psicosomatica. Mi chiedo proprio questo (non avendo una risposta): quei paradigmi valgono anche per il gruppo globale? E se sì, per quali canali il conflitto (evolutivo) arriva a far leva per “toccare” trasformativamente l’assunto di base, lo stato di resistenza del gruppo? Quali vie per il “commuting” di Neri, che come la navetta all’aeroporto raccoglie alla periferia e al centro i viaggianti e li trasferisce continuamente dal gruppo/viaggio all’individuo viaggiatore, e viceversa? L’idea quindi dello scambio individuo gruppo, nel gruppo globale è complessizzato.

Domanda. Asvegra, come Coirag, come la nostra Scuola, in questo momento stanno tessendo online le reti umane in cui passano l’aggiornamento scientifico e la formazione. Mai come in questo momento si è stati ambivalenti verso i contatti on line, così essenziali e così diversi dai contatti di persona: e questa domanda riguarda direttamente e lo vivremo insieme, anche il nostro seminario, che faremo non in presenza ma in videoconferenza: acquisire sapere online in che modo ci cambia?

Risposta. Tu dici, il sospetto forse che il futuro cambi o ci cambi, ci stia cambiando, sì., è molto importante. Allora io contropropongo una. mia domanda. Possiamo ignorare però che dentro questo dubbio o ambivalenza non vi sia anche la speranza segreta, quella di cui parla Ferro nel segnalare il bisogno di miti antichi ma anche moderni che ad ogni seduta, il paziente e l’analista hanno bisogno di creare, mito tragico, classico dice, ma anche moderno, e fiaba, speranza. Lui introduce questo bisogno. La speranza che la caduta improvvisa delle nuove certezze dell’era tecnologica appena conquistate, ed era stato complicato accoglierle, acquisirle, maneggiarle, accettarle, non travolga ora dopo il virus il patrimonio eterno del legame, qualunque sia il suo setting, purché sia pensabile e rappresentabile per noi. Il corpo è la presenza, il setting, la vita. Ed è un contenitore formidabile del sapere, della memoria. Se amiamo il corpo non è contro la tecnologia, ma per apprendere dall’esperienza a viverlo e a pensarlo, dunque a trovare un legame tra queste polarità, tra questa presenza e non presenza del corpo nella rete. 

Domanda. Stefania, un’ultima domanda piccola piccola, che è anche qualcosa su cui tu hai lavorato molto, il tuo ultimo libro Il vertice spazio nel lavoro psicoanalitico mi sembra sia proprio centrato su questo, e allora la domanda piccola piccola è questa. Come si costruisce lo spazio psichico in questo tempo? Come permettere al luogo di avere e vivere lo spazio?

Risposta. Caro Maurizio, ma questa non è una domanda: è tutta la vita! È il lavoro della psicoanalisi! Allora cito Corrao, lui scriveva “Perché dove c’è il luogo…possa esservi lo spazio”, nel suo lavoro Per una topologia analitica, credo addirittura nel 1970.

Cosa dirò, cosa diciamo su questo?

Che la creazione di spazio e tempo, sia nell’ascolto, sia nel legame analitico e nel legame di gruppo, comincia da quando siamo capaci di concepire spazi e tempi diversi dai nostri, dalle nostre tradizioni, e magari, “sognando” il nostro interlocutore o empatizzando con lui diventiamo capaci di intuire in quali spazi e tempi la sua mente sta vagando, o sta orientandosi a fare e costruire un’esperienza, o anche sta perdendosi, il paziente può usare molti tempi remoti insieme della sua vita nel racconto analitico e fare un’esperienza anche travolgente di smarrimento. Dunque noi nel nostro ascolto saremo capaci di sognare i suoi diversi tempi per poterlo seguire nelle sue esplorazioni.

Senza legame, senza ricerca della mente di un altro e altri, non c’è ricerca, non c’è spazio, non c’è concezione delle differenze. Solo se ammettiamo che il tempo lineare, il nesso causale, causa-effetto, possano essere eclissati a favore di altri ritmi e tempi possibili, altri legami meno diretti tra una causa e un effetto, allora solo così potremo individuare un altro che è diverso da noi, seguire la sua fantasia, senza rischiare, se non in una parte di noi, e per un determinato tempo, che l’ascolto del diverso ci invada fino a perderci, o manterremo la fiducia che, anche perdendoci momentaneamente insieme al nostro oggetto complesso nel tempo e nello spazio, sapremo trovare la via per tornare.

Anche il deragliamento, infine, dal binario rigido, può essere concepito, immaginato, se il binario mantiene la sua funzione di trasporto e il suo ordine. Ho almeno in parte se non risposto almeno compreso la tua vasta domanda? Spero di sì, diciamo che lo spazio siamo noi a produrlo, quando siamo in relazione con l’altro/altri, anche quando i luoghi sembrano vuoti, inadeguati, costretti, costrittivi, noi possiamo dare loro vita, spazio, correndo qualche rischio forse, ma anche facendo molta esperienza. Grazie.

Grazie a te Stefania, grazie molto, grazie per i tuoi contributi che avranno grande approfondimento e sviluppato nel seminario del 9 maggio prossimo.

Possiamo dire che la navetta che hai citato prima è ben in movimento per far circolare i nostri pensieri, e nonostante la situazione in cui ci troviamo ora tutti, non è stato fermato il nostro viaggio né sospeso il nostro pensare e operare nelle nostre reti. Anzi mi sembra che si sono e si continuano a intrecciare germinativamente e stanno proprio permettendo di proporre pensiero e intervento attraverso quello che è il nostro costitutivo, lo sviluppo di un pensiero elaborativo gruppale, tenendo anche la possibilità di tradurre i nostri setting, come stiamo facendo, come sta facendo Asvegra, come sta facendo la scuola Coirag, tenendo quindi sempre viva una dimensione di ricercazione, di pensiero e azione costantemente interconnessi, e riprendo allora un tuo pensiero iniziale, la speranza quindi, ma anche la possibilità che stiamo attuando di costruire modelli di esperienza nuovi. Ti ringrazio tanto Stefania, per questo scambio sempre molto ricco, piccolo anticipo di quello che faremo insieme tra poco settimane.

 

L’intervista è nata durante gli scambi per il seminario “Spazio Tempo Gruppo”, all’interno del Ciclo di Seminari 2020 “La cura delle parole. Tradizioni e innovazioni nelle reti relazionali”, organizzato da Asvegra (Associazione Veneta per la Ricerca e la Formazione in Psicoterapia Analitica di Gruppo e Analisi Istituzionale) e dalla Sede di Padova della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Psicoanalitica della Coirag (Confederazione Italiana Ricerca Analitica sui Gruppi).

Il seminario tenuto il 9 maggio da Stefania Marinelli, con anche la partecipazione di Silvia Corbella e Enrico Stenico si è sviluppato sui temi dello Spazio, del Tempo e del Gruppo, a partire dalle coordinate fondamentali dell’esperienza psichica: il luogo, o meglio lo spazio, e il tempo con cui lo spazio si incardina per dar luogo al contenitore dell’esperienza. Previsto in presenza, è stato possibile costruirlo e proporlo in modalità webinar, permettendo anche di interrogarsi sui temi nella nuova situazione in cui ci siamo tutti trovati, nell’oggi che lo spazio creato dalla distanza fisica ha spinto i clinici, e non solo loro, verso spazi digitali, questo tema ha assunto un’ottica nuova, nello Spazio/Tempo dell’oggi contemporaneamente dilatato e compresso, nei nostri vissuti interni come nelle sempre attuali pratiche di relazioni “a distanza”.

La versione integrale si può trovare in video al seguente link:

https://www.facebook.com/associazioneasvegra/videos/879722452503267/

Un estratto al seguente link:

https://www.facebook.com/associazioneasvegra/videos/668775353667637/