Recensione “Transiti, Scritti su psicanalisi cultura e società (1976 – 2005)”

di Lucilla Ruberti

Transiti, passaggi, dimensione entro la quale il libro si manifesta permettendo al lettore di “transitare” in differenti quanto simili dimensioni della conoscenza, una conoscenza mai disgiunta dalle emozioni e sempre aperta al dialogo. Contributi che spaziano in testi ampi e trasversali evidenziando dialoghi e dibattiti ma anche conflitti che permettono trasformazioni negate nel tempo rispetto alla possibilità di un incontro tra discipline.

Interventi che esprimono una visione ispirata ad una psicanalisi non riduttiva né chiusa all’autosignificazione ma che si presenta come dialogante con gli altri ambiti del sapere in una forma di rispettosa, reciproca attenzione critica; in un incontro tra menti.

Un viaggio, forse un pellegrinaggio, come afferma Pietro Clemente in un suo contributo, attraverso il dialogo tra discipline, attraverso un contatto/relazione tra loro, che permette di “entrare in quell’area di gioco dove si può entrare in rapporto con l’ignoto” .

Bion nell’espandere il campo della conoscenza evidenzia come la psicoanalisi debba esplorare l’ignoto: “nell’incontro con l’antropologia la conoscenza si incrementa mediante un continuo dialogo critico (…) in questo costante fluire non esistono prodotti finiti, l’ignoto non viene eliminato” (Elkana, 1981).

Questo dialogo tra discipline, nel loro incontro/scontro, va oltre le chiusure di routine e i comodi fraintendimenti,  là dove la struttura profonda che presiede al desiderio dell’incontro vede l’incontro stesso come una “conoscenza che voglia presentare una costruzione dialogica, relazionale, interattiva della realtà” (Cecla, 1997), e pur mantenendo le necessarie differenze le affronta in un campo in-comune.

Non una semplice trascrizione di esperienze cliniche né di speculazioni teoriche ma narrazione di rapporti, nelle interazioni tra paziente e analista, nelle relazioni tra colleghi in quanto persone con il loro mondo emotivo, tra storie di vita che si intrecciano, tra discipline che entrano in contatto attraverso le persone che ne portano il pensiero, aprendo il campo ad una nuova costruzione di senso. Insomma, anche un viaggio nelle storie di vita di Lucilla Ruberti e dei tanti studiosi che incontriamo nei suoi testi, come “menti che si occupano di cose diverse e simili allo stesso tempo” (Lombardozzi).

In questo viaggio attraverso contributi che spaziano non solo in diverse aree disciplinari ma anche in un arco di tempo molto ampio trova conferma l’esigenza, quanto mai attuale, della psicoterapia psicanalitica di immergersi nel “mondo” in cui essa va ad agire, attraverso un effettivo riscontro con l’attuale realtà sociale e personale, nella fedeltà “storica” ad una psicoanalisi costantemente consapevole dei condizionamenti e delle ideologie del proprio tempo. Ma anche si esprime la parallela esigenza di aprire al transito atemporale delle emozioni per una possibilità di dialogo che veda emergere molteplici universi di senso per la nascita di un pensiero costruttivo e creativo.

Il libro ripercorre lo sviluppo del pensiero complesso della Ruberti guardando indietro al passato quindi alla formazione filosofica-antropologica fino all’approdo alla psicoanalisi attraverso i racconti degli incontri tra le persone che hanno condiviso con lei passi dello sviluppo del suo pensiero, in cui emergono tracce di dolore, tensioni esperenziali, desideri e progetti che ci appaiono nei suoi testi come nodi vitali del suo processo di trasformazione delle emozioni in consapevolezza.

Un percorso, insomma, il cui il bioniano superamento del desiderio e della memoria si esprime in un equilibrato “remembering”, il cui il calore empatico coinvolge, ma non travolge, la consapevole adesione del lettore.