Rêverie e amplificazione, porte d’accesso all’inconscio

Abstract
Sono molti i punti di contatto tra le teorie di Jung e Bion, e numerose confluenze concettuali possono essere osservate in diverse tematiche centrali del loro pensiero teorico-clinico: archetipo e pre-concezione, psicoide e protomentale, anima e funzione alfa, recipiens alchemico e contenitore, sincronicità e congiunzione costante, amplificazione e rêverie (Manica, 2014). In questo lavoro, è stata approfondita quest’ultima coppia di concetti, rilevandone una convincente affinità.

L’amplificazione e la rêverie possono felicemente essere considerate, più che semplici strumenti della tecnica, porte di accesso all’inconscio: modalità di immersione e creazione di quello spazio che Ogden definisce il “terzo analitico intersoggettivo”. E’ solo quando si è immersi nella relazione, che le affinità tendono a farsi più evidenti, avanzando verso la scoperta del Sé, secondo Jung, o nella trasformazione in O, secondo Bion.

Nel processo di trasformazione in O, la rêverie svolge un ruolo centrale, in quanto permette di convertire gli elementi beta che provengono da O in K, cioè in conoscenza di O. Bion individua così, nello stato di rêverie, la condizione necessaria per accedere all’inconscio, muovendo verso la trasformazione in O. Per Jung i simboli che emergono attraverso il processo di amplificazione, possono essere ampliati e connessi tra loro, lungo la strada che nel processo di individuazione tende a raggiungere la totalità del Sé.

La riflessione teorica sarà sostanziata da materiale clinico tratto da un caso in analisi individuale e da un gruppo terapeutico.

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