PsichiatriaGruppo

Dai contenitori rotti ad esperienze nuove e vitali in terapia: dalla comunicazione perversa alla scoperta dell’individuazione e del mondo degli affetti

Abstract

Questo lavoro di proposta di terapia familiare è partito dalla considerazione che il modello della psicoanalisi individuale non aveva portato nessuno dei componenti della famiglia a recuperare all’ interno di se stessi e nell’ambito della comunicazione gruppale alcun risultato significativo.
Bisognava avere una lettura del gruppo in senso gruppale. Gli individui rappresentavano a livello inconscio e in forma anonima, conflitti e miti familiari transgenerazionali.
L’assunto di base sembrava incarnare quello che Bion chiama: assunto di base di dipendenza.
La famiglia era un’unica persona.
Le storie del padre e della madre riproponevano stesse esperienze.
Il femminile era, nelle generazioni precedenti l’elemento direttivo e sadico che imperava. Le madri e nonne avevano gestito figli e mariti.
L’analista ha funzionato come contenitore, ha pensato al posto dei pazienti, ha sviluppato e proposto un modello di mentalizzazione, totalmente assente.
Il metodo usato, nuovo e innovativo è stato ed è l’unione di colloqui familiari e colloqui individuali.
Il tenere insieme tutti sperimentando stati della mente individuanti e al contempo interdipendenti e fusionali e il procedere con colloqui individuali dove ognuno poteva sperimentare il poter essere compreso e capito per i propri desideri e bisogni.
Un poter passare da parte dell’analista dalla modalità del funzionamento fusionale-arcaico al tentativo individuante libero di miti trasgenerazionali.
Tutto ciò prima “vissuto sulla pelle” e sperimentato nel controtransfert poi interpretato e messo in scena con tecnica nuova.

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